Entroterra

Una bonifica è in poche parole una terra strappata all'acqua.

Una terra nera che ti si attacca alle scarpe come catrame e che mal si sposa con i tappeti lindi dei suv moderni.

Andare in bonifica vuol dire sporcarsi e riempirsi i polmoni di vento.

La polvere di quelle strade bianche l'ho respirata parecchie volte.

Percorrere quelle vie tra scossoni, buche e dossi era una consuetudine di tanti pomeriggi estivi e primaverili.

Spazi aperti delimitati da fosse nere come la pece dove immobile attende l'airone e dove vigila con i suoi voli radenti, il falco di padule.

Luoghi immoti, dove il vento fischia nelle orecchie storie passate e perdute.

C'è un tempo durante il primo autunno quando il cielo diventa basso e scuro come un cappello calato sugli occhi, quando le cannelle diventano secche e sfrigolano alle folate del vento di mare, in quei momenti il silenzio diviene assoluto.

Gocce corpose di pioggia si affossano in una terra asciutta come farina mentre un odore di selva si sente nell'aria, il germano canta nel falasco e la luce raggiunge una drammaticità, cara al pennello dei Macchiaioli.