Filettole: Istanti e Luci

Alcuni tra i più noti fotografi del panorama della foto-documentaristica sostengono che la prova più difficile per un autore sia quella di fotografare a casa propria, nella propria città, nel proprio luogo di nascita o provenienza.
Anche per me è così.
Quando mi accingo a creare qualcosa a Filettole mi sento impacciato, indeciso, rigido.
Ho fotografato in tante località e continuo a farlo con sicurezza ma nel mio paese ho difficoltà ad esprimermi.
Conosco ogni storia e ogni angolo di Filettole, amo la sua terra, gli alberi e i suoi muri soprattutto quelli più vecchi e logori perché sono stati testimoni del tempo, del lento passare della vita negli anni.
Niente mi lascia indifferente.
Le vie di Filettole sembrano esseri viventi, sono come zii anziani che ti conoscono da sempre e ti rivedono sempre volentieri; hanno vissuto tante storie.
 Una volta le porte erano aperte e la gente viveva come in una famiglia allargata, le corti, le aie e le vie brulicavano di vita.
Quando si sale in monte e si scorge il panorama tra le querce e gli ulivi il paese sembra essere parte di un quadro ottocentesco, se ci fermiamo un attimo in silenzio ci pare che il passare del tempo sia un'illusione.
Sin da bambino mi piaceva ascoltare le storie della guerra, dell'alluvione del 1940, della miseria e del coraggio dei miei paesani.
La mia storia preferita era quella della costruzione della facciata della nostra chiesa di San Maurizio.
Udendo il racconto fantasticavo sulla processione umana di paesani che dal monte filettolino, scendevano portando in mano le antiche pietre della Torre dell'Aquila fino al piazzale della chiesa.
Lavorare a quest'opera era un dovere per ogni buon cristiano ed in più donava l'indulgenza dai peccati.
La nostra chiesa è stata murata con il sudore e la fede, sono pochi i paesi che possono vantarsi di avere un ricordo così pregno di umanità e di unione fraterna.
Oggi sembra difficile riconoscere tali bellezze e valori.
Andiamo troppo di fretta, viviamo chiusi in casa e non conosciamo più nessuno.
Siamo stressati, offesi e stanchi al punto tale che non siamo più nemmeno socievoli e disponibili.
Ma quando camminiamo in qualche via silenziosa del nostro villaggio, un profumo, un rumore o una voce possono bastare a farci emozionare e a farci credere che ci sia ancora spazio per la poesia e la speranza.